UPN, “NAVARRA PER LA SPAGNA”
Miguel Sanz è presidente della Comunidad Foral Navarra, da 14 anni. Guida il partito regionalista Union del Pueblo Navarro (UPN), che ha raccolto la tradizione conservatrice ( e reazionaria) che ha dominato la politica navarra negli ultimi decenni. Un partito spagnolo che ha saputo assumere il suo ruolo rompendo con l’alleato naturale, il Partido Popular quando il rischio di un cambio politico, con una alleanza tra il Partido Socialista Navarro (PSN) e la coalizione basca Nafarroa Bai, si era paventato dopo le elezioni regionali del 2007. Gli squilli di tromba di Madrid furono immediatamente accolti da Miguel Sanz e UPN che firmarono un “patto di stato” con il PSN per governare la Navarra. Un patto che ha permesso anche grazie ai voti di UPN nel Parlamentto, al Governo Zapatero di governare, ma soprattutto di blindare, per ora, qualsiasi ipostesi di cambio politico nella regione. Il fantasma del progetto di unità tra la CAV e la Navarra, Euskal Herria, muove la politica “di stato”, di UPN alla quale il PSN si adegua anche contraddicendo le politiche di Madrid. Su leggi approvate dal Governo Zapatero, ad esempio, come la legge sull’aborto la Navarra è l’unica Comunità Autonoma che impone una obiezione di coscienza. Il realismo “costituzionalista” di UPN è stato guidato in questi ultimi 14 da Miguel Sanz, che ha saputo capitalizzare la crisi del PSN travolto negli anni 90 dagli scandali di corruzione del suo presidente Urrlburu, ed anche di Luis Roldan, socialista navarro divenuto capo della Guardi Civil e poi caduto in disgrazia,e in carcere, per corruzione. Sanz è un politico che fu capace di dire durante i negoziati tra Governo spagnolo ed ETA nel 1990 che alcuni punti della “alternativa KAS (proposte di ETA per la soluzione politica del conflitto) erano assumibili”, a negare qualsiasi ipostesi di dialogo con i “nazionalisti” baschi. In una intervista al quotidiano El Diario Vasco Sanz spiega l’accordo con il PSN affermando che “UPN non chiude la porta a nessun patto. Ciò che UPN ha detto sempre è che in Navarra la linea divisoria non al definisce la sinistra o la destra, ma il costituzionalismo e il nazionalismo. E non adesso, ma da sempre. (…). Non so cosa avverrà in futuro però la formula che meglio garantisca la Navarra del Amejoramiento (Statuto di autonomia) e la Costituzione sarà la migliore formula. Per questo solo è stato possibile con il PSN. E lo stesso sta avvenendo nel Paese Basco (CAV). Il patto di governo che ha fatto governando il PSE là è visto bene dal PP qui non lo videro bene alcuni del PP”. Per Sanz Nafarroa Bai e quello che definisce “il nazionalismo basco” sono esclusi da qualsiasi patto o negoziato. “ In Nafarroa Bai ci sono partiti come Aralar, come EA, che ha appena formalizzato un accordo nel Paese Basco con Batasuna e questo mi sembra tremendamente pericoloso. Inoltre, non è un problema per loro includere nel loro programma politico il concetto della Navarra integrata in Euskadi (CAV). Non è un problema per loro parlare di nazione basca indipendente, di sovranità, ne di indipendenza. Ne di parlare della necessità in certi casi di favorire una soluzione negoziata con ETA. La nostra posizione è che con ETA non si può negoziare, ne con chi appoggia ETA si può negoziare, ne con chi considera che Navarra deve formare parte di un’altra nazione differente, si può formare un governo. Si può parlare di cose, però non negoziare con loro per formare un governo, perché sarebbe essere prigionieri di chi non crede nella Navarra del Amejoramiento”.
Related Articles
Michel Martin could play a leadership role in the necessary process of making Irish unity a reality
during and after the general election the one thing that all Fianna Fáil spokespersons agreed on was their hostility to Sinn Féin emerging as the official opposition in the Dáil.
KURDISTAN SENZA TREGUA
Torna sulle prime pagine dei giornali il conflitto kurdo-turco. I 26 (o 24 a seconda delle fonti) militari turchi morti in una serie di attacchi simultanei sferrati dai guerriglieri del PKK contro diversi obiettivi delle forze di sicurezza nella zona di Hakkari hanno fatto gridare a una nuova recrudescenza del conflitto. In realtà la guerra non è mai cessata, le operazioni dell’esercito turco non sono mai diminuite. Anzi, da agosto si susseguono bombardamenti in tutta la zona al confine con Iraq e Iran e spesso e volentieri gli F-16 turchi sono entrati nel Kurdistan iracheno colpendo non tanto o non solo le basi del PKK (il Partito dei Lavoratori del Kurdistan) ma soprattutto villaggi facendo molte vittime civili di cui nessuno parla.
Gli attacchi di ieri hanno suscitato reazioni molto forti, comprensibilmente. A parte il presidente della repubblica, l’islamico Abdullah Gul, che ha promesso “vendetta” e altro sangue, è stato il BDP (Partito della Pace e Democrazia), cioè il partito dei kurdi a fare la prima dichiarazione. “Basta – si legge nel comunicato – con la guerra. E’ tempo che le armi tacciano e si realizzino le condizioni per favorire la pace”. Parole che il BDP va ripetendo da anni ormai. In questo sostenuto dal PKK che (è bene ricordarlo) ha osservato un cessate il fuoco unilaterale fino al 15 giugno di quest’anno. Cioè fino a dopo le elezioni politiche che hanno visto kurdi e sinistra turca eleggere ben 36 deputati al parlamento turco. Quello che è successo dopo questo risultato serve a contestualizzare anche l’attacco di ieri, al quale i turchi hanno risposto con una nuova offensiva aerea in nord Iraq.
Uno dei 36 deputati, Hatip Dicle (in carcere), è stato privato del suo mandato per un ‘reato’ (lui che era già stato deputato con Leyla Zana e aveva già fatto 10 anni di carcere) di natura ‘terroristica’. Cinque deputati sono attualmente in carcere. Al giuramento, dopo un boicottaggio durato tre mesi e mezzo, si sono presentati in 30. Da marzo a oggi sono finiti in carcere qualcosa come ottomila tra amministratori locali kurdi, attivisti per i diritti umani, militanti del BDP con l’accusa di essere in qualche modo legati al PKK. Dal 2009 (anno della vittoria dei kurdi alle amministrative) sono sotto processo oltre quattromila politici kurdi. Dal 27 luglio il presidente del PKK Abdullah Ocalan (in carcere dal 1999 sull’isola di Imrali) non può vedere i suoi avvocati. Un divieto imposto dopo che per mesi uomini del premier Recep Tayyip Erdogan hanno incontrato il leader kurdo per concordare “protocolli di pace” poi gettati nel cassetto.DENUNCIA DI STUPRO DELLA GUARDIA CIVIL
Non è la prima volta che uomini delle forze di sicurezza spagnole vengono denunciati per stupro o simulazioni di questa