Timochenko: What happened to my heart?

Timochenko: What happened to my heart?

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On the road to peace, it got a little hurt.

Someone once said that one does not make war because he hates the one in front of him, but because he loves those he has behind him. And while I think that’s true, I also know that when the war begins, hatred comes in, it does not matter if it is called in or not. Without asking permission, hatred enters.

In our case, fortunately we never allowed him to enter our heart and for that reason, it has not been difficult to take the step we took.

More than a year ago we decided, in Colombia, to leave war behind and try to move towards democracy, with its thousands of fragilities. It is a way of loving peace,  coexistence, though imperfect, which is a thousand times preferable to any of the forms of war.

We Colombians decided to debate, understand, embrace, reject, and do it with energy, with vehemence and passion, but without violence.

So uncomfortable, so hard to understand, for those who feed on hatred, is what we decided.

This peace has cost us lives, but it has already begun and it will not stop if we remain attentive, awake and determined not to let hatred enter our hearts.

My heart is happy with this idea and although it almost killed me the other day, I know well that my heart is happy like that, I know because it made me feel that.

It expressed himself about it a few days ago, very clearly and with such intensity, that I ended up in a clinic.

Its message was clear, it told me that I have to take care of myself to continue fighting with love and for the love that comes from it.

That is a message also for those who live with hatred in the womb.

Long live Colombia!

Long live the peaceful struggle for the common good!

Long live the heart of peace that will keep beating!

Rodrigo Londoño – Timo

People’s Alternative Revolutionary Force



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ETA: UN ANNUNCIO CHE VIENE DA LONTANO E GUARDA AVANTI

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La dichiarazione di ETA diffusa oggi dal quotidiano basco Gara era attesa da settimane.

Anzi, era il serpentone che faceva presenza nei discorsi dei politici e mass media spagnoli e baschi. Una questione che è stata posta da subito è quale novità rappresenti questa dichiarazione rispetto ad altri annunci di cessate il fuoco proclamati nel corso della storia dell’organizzazione armata.

Dal 1975 ETA considerava ineludibile la trattativa sulla base dell’Alternativa Kas, una sorta di processo costituente basco, per arrivare a una soluzione del conflitto. A più riprese veniva sottolineato come questo accordo avrebbe portato a una sorta di ibernazione della lotta armata.

Un aspetto fondamentale era che ETA si  considerava l’interlocutore del governo spagnolo e questa strategia politico-militare del conflitto portò Governo ed ETA a sedersi al tavolo delle trattative ad Algeri dal gennaio ad aprile 1989. Eta dichiarò una tregua unilaterale di 15 giorni per poi annunciare una “la creazione di un periodo di distensione nel conflitto, che propizi il dialogo assunto dalle parti”. La  tregua fu effettiva anche da parte del governo spagnolo.

Fallito il dialogo di Algeri bisognerà attendere il l’aprile del 1996, poco dopo l’elezione di José Maria Aznar, sfuggito miracolosamente a un attentato dell’organizzazione armata, per registrare una tregua “simbolica” di ETA, di una settimana, in occasione della presentazione dell’Alternativa Democratica, una proposta di soluzione al conflitto che, pur riaffermando il ruolo di “garante” per il gruppo armato rispetto a un negoziato sul diritto autodeterminazione del Paese basco, stabiliva che fossero i partiti e forze sociali basche a discutere i contenuti politici dell’accordo.

L’affondo a tutto campo del Governo Aznar contro la sinistra indipendentista, accompagnato da un giro di vite nella politica autonomista e una strategia militare di ETA che compie un salto attentando direttamente ai rappresentati politici del PSOE e del PP, portò alla stipula di un accordo tra la maggioranza delle forze politiche sindacali e sociali baschi, escluse le rappresentanze di PSOE e PP nonché di UGT e CCOO baschi, che si denominerà Accordo di Lizarra Garazi. Prendendo come riferimento il processo di pace in Irlanda del Nord, l’accordo poneva le basi un processo di pace basto sul riconoscimento del Paese basco come ambito decisione.  Una novità importante, perché l’iniziativa risiedeva nelle forze politiche e sociali basche. È in quedto contesto che ETA dichiara una tregua unilaterale il 12 settembre del 1998 che durerà fino al dicembre 1999. In questo periodo, le forze di sicurezza spagnole  francesi metteranno in atto una serie di operazioni sia contro ETA che contro le organizzazioni politiche della sinistra indipendentista. Anche l’accodo di Lizarra Garazi si concluse con una rottura, che però rese evidente come la strategia negoziale in cui ETA si presentava come soggetto  “garante”  fosse un argomento usato strumentalmente dal Governo spagnolo per affermare che non era possibile negoziare accordi politici “con una organizzazione terrorista”. Una constatazione che porterà una riflessione interna al movimento indipendentista basco che dopo anni di trattative segrete con esponenti del PSOE, sfocerà, nel settembre 2004, nella dichiarazione di Anoeta, dove la già allora illegalizzata Batasuna, annuncerà una proposta di dialogo su due tavoli: il primo tra ETA e il Governo per discutere di smilitarizzazione vittime e prigionieri baschi. Il secondo, politico, fra partiti e agenti sociali baschi.

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